4 novembre – Scuole non caserme

Il 4 novembre, festa delle Forze Armate, è il momento in cui la retorica militarista si fa sentire con più prepotenza e invasività, o almeno questa sarebbe la pretesa di chi vuole imporre nelle nostre vite la logica della guerra. Ad essere celebrata è una carneficina che costò 650mila morti solo dalla parte italiana, esaltata come vittoria e trionfo del patriottismo: una narrazione retorica che mistifica una realtà storica fatta di violenza, di distruzione, di sangue, ma anche – dalla parte opposta – di rivolta, di odio verso le gerarchie militari, di diserzione e disfattismo: perché questo sono le guerre, ora come cento anni fa.

La propaganda militare ha tra i suoi obiettivi principali le scuole. Non si tratta certo di un fenomeno nuovo, ma abbiamo più volte rilevato che in una società sempre più militarizzata, in un clima di guerra esterna e di guerra interna come quello che stiamo vivendo, la presenza delle forze armate nelle scuole è sempre più invadente e il 4 novembre costituisce una data strategica per la retorica militarista. Dallo scorso anno il 4 novembre è tornato ad essere festività nazionale. Lo ha stabilito la legge 1 marzo 2024 n.27, che ha istituito la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armateripristinando la festività nazionale che era già stata introdotta nel 1922, appena 5 giorni prima della marcia su Roma. Quando si dice le coincidenze. Tuttavia il 4 novembre rimane giorno lavorativo, forse perché si è ritenuto opportuno che alcuni luoghi di lavoro siano aperti e disponibili per le celebrazioni, come le scuole appunto.

Da un anno a questa parte quindi, allo scopo di celebrare il 4 novembre, le istituzioni locali e gli istituti scolastici di ogni ordine e grado sono invitati per legge a promuovere eventi, incontri, etc sul tema dell’unità nazionale ma soprattutto della difesa della “Patria” e sul ruolo che le Forze Armate svolgono per la collettività, la sicurezza, gli ambiti sociali e umanitari, il “ristabilimento della pace nei conflitti armati”, dedicando particolare attenzione ad esplicitare le possibilità occupazionali offerte ai giovani dalle forze armate.

Niente di particolarmente nuovo, ma è evidente, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di una legge istitutiva della giornata, come la data del 4 novembre sia diventata ancora di più occasione di propaganda.

Dallo scorso anno le attività delle Forze Armate nelle scuole sono gestite da una apposita struttura denominata CME, comando militare dell’esercito. Anche quest’anno nel mese di settembre il CME, tramite i Provveditorati agli studi (ora Uffici scolastici territoriali), ha inviato la programmazione prevista per gli istituti scolastici. Si tratta di interventi suddivisi per ordini di scuola in base a quello che viene definito il “target anagrafico”, diffusi nell’arco di tutto l’anno scolastico ma particolarmente rilevanti attorno al 4 novembre.

Per gli studenti delle superiori l’intervento dei militari nelle scuole è espressamente finalizzato al reclutamento, a diventare soldati, ad assoldare per la guerra, per la repressione, per l’esercizio della forza. Il Ministero della Difesa ha disposto un piano di reclutamento che punta a ringiovanire l’esercito con 6000 nuove reclute ogni anno: dove andarle a cercare se non nelle scuole? Dove trovare una migliore concentrazione di giovani obbligata a sciropparsi la propaganda militarista? Quale occasione migliore del 4 novembre per coniugare propaganda occupazionale nelle forze armate con intervento motivazionale basato su esaltazione dell’amor patrio, retorica dell’eroismo e del nazionalismo? Una retorica che è la sostanza di questa festa, basti pensare alla mitopoiesi della giornata del 4 novembre costruita attorno alla figura del milite ignoto. Negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale ci fu un’operazione a tavolino per costruire l’immagine del “soldato eroe combattente per la patria” che facesse dimenticare “l’onta consumata a Caporetto”, che oscurasse una realtà di soldati comuni che la guerra la odiavano, disfattisti, spesso disertori, ritenuti responsabili di una sconfitta militare che in verità fu una rivolta. Questo era in realtà il milite ignoto, il sodato-massa che andava trasformato per forza in un eroe combattente: l’operazione fu affidata al colonnello Giulio Douhet, l’ideatore dei bombardamenti a tappeto su obiettivi civili.

Tornando ad oggi, se il reclutamento è la principale finalità dell’intervento nelle scuole superiori, l’obiettivo per i più piccoli è invece quello della fidelizzazione. Con una vera e propria strategia di marketing i militari entrano in aula ora mostrando il volto amico e accattivante e stimolando familiarizzazione, ora esibendo il modello machista del guerriero, facendo indossare caschi e giubbotti, mostrando armi e strumenti di morte; sempre donando gadgets e oggetti d’uso comune con logo dell’esercito che lascino traccia nella quotidianità dei bambini e delle bambine.

E oltre a volersi introdurre nelle scuole, c’è anche l’operazione che prevede il coinvolgimento di studenti in visite a strutture militari, sia dentro le caserme che in tanti luoghi pubblici vergognosamente messi a disposizione delle forze armate.

Lo scorso anno, in occasione del 4 novembre venne allestita una cittadella militare a Roma presso il Circo Massimo: centinaia di migliaia di euro bruciati in quattro giorni per esporre strumenti di morte, sciorinare retorica militarista, predisporre immancabili postazioni di reclutamento. E anche per prendersi le contestazioni di chi queste cose proprio non le sopporta. Quest’anno dal 2 al 5 ottobre a Palermo, in piazza Politeama, è stato installato il “Villaggio promozionale dell’esercito italiano”. Anche in questo caso prove di combattimento corpo a corpo, illustrazione delle prerogative dell’elicottero Mangusta, esibizioni con droni militari, invito a giocare con riproduzioni di mine e armi anticarro, a provare come si toglie la sicura ad un’arma: un grande luna park degli orrori dove si impara a familiarizzare con la guerra, con la violenza, con la morte.

A fronte della massiccia campagna di militarizzazione c’è tuttavia un’opposizione sempre crescente alla presenza dei militari nelle scuole, portata avanti non solo dagli antimilitaristi storici. L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università da qualche anno svolge un’opera preziosa di denuncia, censimento, controinformazione e contrasto dei processi di militarizzazione nello specifico settore dell’istruzione. Proprio sulla data del 4 novembre l’Osservatorio ha lavorato nel tempo arrivando anche ad una proclamazione di sciopero, purtroppo poi revocata per la difficoltà di sostenere una giornata di categoria tra i due scioperi generali recenti e quello in programma per fine novembre. È stato comunque importante che la questione dell’opposizione alla militarizzazione della scuola sia stata affrontata anche nei termini della conflittualità politico sociale rappresentata dalla forma sciopero. Per il 4 novembre l’Osservatorio sarà dunque presente in molte piazze nelle ore pomeridiane, mentre al mattino ha organizzato un convegno di studi e predisposto una dichiarazione per sottrarsi ad attività che prevedano un coinvolgimento nelle celebrazioni del 4 novembre.

A fronte del grande interesse delle forze armate per il settore dell’istruzione, va comunque registrata un’avversione nei confronti della propaganda militare nelle scuole che sta crescendo, anche in corrispondenza di un generale rifiuto delle guerre e dell’apparato che le alimenta e sostiene, un rifiuto che negli ultimi mesi abbiamo visto diventare veramente importante e popolare le piazze. Se il motore delle proteste è stato il genocidio in Palestina, va sottolineato come si sia sviluppata ad esempio la lotta contro la produzione e il trasporti di armi, coinvolgendo in quest’ultimo caso anche lavoratori addetti, dato assai interessante.

Un’avversione o quantomeno un’insofferenza che si fa sentire anche in quel luogo di lavoro e di studio che sono le scuole; consideriamo alcuni esempi in ordine sparso. Il villaggio promozionale dell’esercito a Palermo è stato anticipato di un mese rispetto allo scorso anno: solo un caso o volontà di sottrarre l’evento alla sovraesposizione determinata dalla data del 4 novembre e alle inevitabili contestazioni, che ci sono comunque state? I docenti di una scuola di Varese si sono rifiutati di accogliere il generale Vannacci per una lezione su patria e bandiera che si doveva tenere nel mese di novembre. A Pisa sono state annullate le visite di scolaresche alla 46° Brigata aerea previste il 30 novembre per la festa della Toscana. Nessun coinvolgimento scolastico, né a Pisa né a Livorno, nemmeno per le celebrazioni della battaglia di El Alamein, che si sono tenute al chiuso delle caserme. A Roma i genitori di alcune scuole del Quarticciolo hanno protestato in questi giorni contro l’allestimento di un villaggio sportivo dell’esercito nel loro quartiere. A Forlì è stato ritirato il bando universitario del Nato Model Event 2025. A Torino il Ministro Crosetto ha tenuto prudentemente una lectio magistralis alle scuole di formazione dell’esercito per l’inaugurazione dell’anno accademico, evitando di avventurarsi in ambiti scolastici meno amichevoli. Per il 4 novembre l’iniziativa più ufficiale organizzata dal Ministero dell’ istruzione e merito in collaborazione con il Ministero della difesa consiste nella cerimonia di consegna della bandiera italiana da parte delle autorità militari a 36 scuole sul territorio nazionale il cui elenco per ora non è stato divulgato. Sono solo alcuni fra i tanti esempi e rappresentano sicuramente segnali interessanti. Tuttavia, a fronte della percezione di celebrazioni del 4 novembre che appaiono un po’ in sottotono, almeno nelle scuole, c’è la chiara consapevolezza di quanto la guerra sia presente e diffusa nelle nostre vite.

Gli scenari internazionali sono devastati da decine di guerre, molte delle quali vedono il coinvolgimento del governo italiano, mentre il genocidio di Gaza continua ad essere una tragica realtà. Il nostro quotidiano è caratterizzato da una guerra interna fatta di povertà sempre crescente, aumento delle spese militari e taglio delle spese sociali. Non è la ripetizione di frasi fatte, ma la denuncia di qualcosa che si rinnova in continuazione: per rimanere sul settore scuola, la manovra economica predisposta dal governo prevede un taglio di oltre 600 milioni di euro nel prossimo triennio e un abbattimento specifico di 200 milioni sull’edilizia scolastica. La guerra interna è fatta anche di repressione, di decreti sicurezza, di disegni di legge che vietano di esprimersi sul genocidio operato dallo stato di Israele, di zone rosse presidiate da militari. La guerra interna è anche la militarizzazione delle città, delle stazioni, delle piazze, delle scuole, delle università, una presenza insopportabile che rispecchia e rende evidente i limiti alla libertà imposti dalla violenza in divisa, quella stessa che con l’uniforme scintillante delle occasioni importanti si esibisce nelle celebrazioni del 4 novembre. Opponiamoci a tutto questo. Rifiutiamo la propaganda della guerra e le celebrazioni militariste del 4 novembre. Moltiplichiamo le piazze contro tutte le guerre, contro tutti gli eserciti.

Patrizia Nesti

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